L’associazione che unisce quasi 1.500 attività in tutta la regione fa i conti di un anno e mezzo nero. «Cali di fatturato troppo alti a fronte di ristori risibili: defiscalizzare anche le neo-assunzioni».
Una pizzeria che prima del Covid fatturava circa 600mila euro l’anno e adesso, dopo una perdita di fatturato superiore all’80 per cento, fa i conti con 45mila euro di tasse pagate a fronte di 10mila di ristori nell’arco di un anno e mezzo. È uno dei tanti casi di imprenditorialità messa in ginocchio che l’associazione Ristoratori Veneto raccoglie da tempo. Ecco perché l’associazione nata a Verona nel giugno scorso e che rappresenta già oltre 1.500 attività in tutta la regione, abbracciando l’intero settore Ho.Re.Ca., chiede «un anno bianco sulle tasse». «Molti di noi non possono pagarle», spiega l’associazione, e la «sospensione delle cartelle almeno per i prossimi dodici mesi con saldo e straccio al 30 per cento delle stesse» sarebbe un aiuto fondamentale per evitare che tanti imprenditori siano costretti alla chiusura definitiva.
I soci di Ristoratori Veneto & Ho.Re.Ca. raccontano il peso delle scadenze fiscali a fronte di quanto successo al settore dal marzo 2020 a oggi con le restrizioni e i lockdown imposti da Roma. Dalla Birreria La Corte di Sant’Ambrogio di Valpolicella, ad esempio, spiegano che «abbiamo aperto il 26 giugno 2020 e già a ottobre eravamo chiusi. Ci siamo dovuti battere con l’asporto, ma non è stato facile essendo una startup appena nata. Di fatto i ristori sono stati di 6mila euro a fronte di affitti e bollette da 50mila euro in tutto». Dall’Osteria alla Torre, Barbara Bertanza dice: «Prima del Covid il fatturato era di 600mila euro e il calo in un anno e mezzo è stato del 75 per cento. Abbiamo ricevuto 20mila euro di ristori. Di tasse invece 30mila euro».
La richiesta di Ristoratori Veneto & Ho.Re.Ca., come spiega la portavoce Alessia Brescia, è dunque «un anno bianco sulle tasse». Ma anche «la defiscalizzazione per i prossimi 36 mesi sulle neo assunzioni, non solo sugli under 30, e una riduzione contributiva in busta paga di almeno il 50% sulla forza lavoro già in organico» perché «solo così si potrà tornare ad attirare forza lavoro e cercare di formare collaboratori che abbiano amore e passione per questo lavoro». L’associazione ripropone anche la sospensione del Durc, il Documento unico di regolarità contributiva, uno dei temi su cui si sofferma da mesi: «Nessuno o quasi potrà mai essere in regola dopo 15 mesi di pandemia in cui interi comparti sono stati obbligati alla chiusura forzata, senza reddito a sostegno dei costi delle aziende e del sostentamento delle famiglie».