L’associazione regionale che raggruppa oltre 4000 ristoranti in tutta la regione chiede interventi al Governo per venire incontro a una categoria già penalizzata dall’emergenza Covid. Alessia Brescia: «Chiediamo una defiscalizzazione del lavoro per tutto il 2022».
#Apertimachiusi, è l’hashtag che Ristoratori Veneto sta usando da settimane sui suoi social per raccontare un fine anno caratterizzato dalla (previste) disdette che, a ora, costano almeno un -30% di lavoro: un ulteriore ostacolo ad attività che già scontano il ben noto ridimensionamento causato da capienze ridotte, restrizioni, zone a colori, innalzamento dei costi tra bollette e materie prime e aiuti insufficienti a fronte di quasi due anni sulle montagne russe.
«Ecco perché, dopo l’ennesima attesa sfinente per decisioni come quella sul supergreen pass al banco, chiediamo nuovamente una serie di azioni concrete affinché il nostro settore possa quantomeno trovare un contrappeso ai drastici cali di lavoro», dice Alessia Brescia, portavoce di Ristoratori Veneto & Ho.Re.Ca., associazione nata a Verona nel giugno scorso e arrivata oggi a radunare oltre 4.200 soci da tutta la Regione.
Dall’associazione parte la richiesta di «saldo e stralcio delle cartelle esattoriali, perché ci sono casi di soci che su circa 2mila euro hanno dovuto pagare 700 euro di sanzioni: parliamo di sanzioni per mancati pagamenti la cui causa è stata il fatto d’essere chiusi, non certo una volontà di non pagare». Servono poi «incentivi per l’assunzione di lavoratori di qualsiasi età o situazioni, compreso chi oggi percepisce sussidi di disoccupazione o reddito di cittadinanza: servirebbe una defiscalizzazione del lavoro almeno per tutto il 2022».
Come già in passato, Ristoratori Veneto chiede anche «l’introduzione dello strumento dei voucher fino al 31marzo 2022, in un momento in cui la manodopera qualificata è quasi introvabile». Infine, in tempi di rincaro delle bollette, «uno sgravio fiscale per i contatori anche per chi ha utenze che vanno dai 16 ai 30 kilowatt».
Intanto tra i soci, ricorda Alessia Brescia, «c’è anche «chi avrà il locale mezzo vuoto a Natale e chi medita di chiudere temporaneamente piuttosto di finire per qualche giorno nella morsa di ulteriori costi insostenibili…».